Tutti questi sono chiari segnali dell’avvicinarsi di una soluzione. Tuttavia, per lanciare un nuovo sistema della plastica entro la fine del ventunesimo secolo, è necessario che i principali attori coinvolti si impegnino ancora di più. Le aziende, in particolare, dovrebbero fare quattro cose per accelerare il passaggio ad un’economia circolare della plastica, preservando il valore della plastica nell’economia e tenendola lontana dagli oceani.
Prima di tutto, il riciclo, su cui molte aziende e governi sono focalizzati, è solo parte della soluzione e bisogna urgentemente guardare oltre ad esso. Mettere in discussione aspetti del sistema che riteniamo ineluttabili è una responsabilità collettiva – vogliamo ancora, per esempio, le buste monouso che vengono bruciate o smaltite dopo soli pochi minuti di utilizzo? Investire su modalità innovative di consegna dei prodotti che non generino rifiuti plastici, attraverso nuovi modelli di business, tecnologie e materiali, può aiutare a rispondere a questa sfida e generare 10 miliardi di dollari a livello globale.
In secondo luogo, per tutti gli imballaggi di plastica sul mercato, sempre più aziende dovrebbero seguire l’esempio degli 11 che sono stati evidenziati a Davos quest’anno, e disegnare il loro packaging tenendo in mente cosa accade dopo l’utilizzo.
Terzo, il mondo del business deve definire collettivamente un “global plastics protocol” che indichi una direzione e delle linee comuni. La realtà è che il sistema attuale dà spazio a troppa ambiguità: termini come “bioplastica” o “riciclabile” possono creare confusione e, ammettiamolo, nel peggiore dei casi rappresentano un porto sicuro di fronte al greenwashing. Inoltre, il protocollo potrebbe aiutare l’industria ad allinearsi sulle scelte che riguardano i materiali, per dare precedenza solo a quelli riciclabili, riutilizzabili o biodegradabili in maniera sicura.